La richiesta dell’INPS è mirata a valutare la persistenza e la sussistenza dello stato invalidante.
È un’operazione che rientra nel Piano straordinario di verifica sulle invalidità civili previsto dall’articolo 10 del Decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78 (la cosiddetta “Manovra correttiva”), in via di conversione in questi giorni: ha disposto l’effettuazione di 100.000 verifiche nel 2010, e altre 500.000 controlli nei due anni successivi, a carico degli invalidi civili, ciechi civili e sordi.
L’INPS ha fissato queste regole , senza aver avuto alcuna indicazione dal Ministero del lavoro, nella Circolare 76 del 22 giugno 2010.
Il campione
Nella stessa Circolare è precisato su quali gruppi è stato estratto il campione di 100.000 persone. Queste sono:
- i titolari di indennità di accompagnamento (ciechi e invalidi) e di comunicazione ma solo di età compresa fra i 18 e i 67 anni;
- i titolari di assegno mensile di assistenza (invalidi parziali) ma solo di età compresa fra i 40 e i 60 anni.
Inoltre, il campione è stato estratto solo su chi percepisce assegni o indennità da prima del 1 aprile 2007, cioè dalla data in cui la gestione amministrativa è passata completamente a INPS.Le verifiche non riguardano, quindi, né i minori, né i gli anziani oltre i 67 anni di età (cioè la fascia più ampia dei percettori di indennità di accompagnamento), né gli invalidi al 100% che ricevono la sola pensione di invalidità.
Che cosa fa l'INPS?
La documentazione che l’INPS riceve viene valutata dai suoi sanitari, molti dei quali sono i 488 medici precari in via di assunzione a tempo parziale e determinato. La valutazione è, quindi, essenzialmente sugli atti, il che può essere un vantaggio perchè evita il disagio di una visita, ma rappresenta anche un rischio come tutte le valutazioni non effettuate anche sulla persona.L’INPS, senza visitare l’invalido, può decidere di:
-
riconoscere la patologia come grave, stabilizzata o ingravescente (DM
2 agosto 2007) e, quindi, non prevedere più alcun ulteriore
successivo controllo;
-
confermare l’invalidità accertata:
-
rettificare l’invalidità precedentemente accertata e quindi revocare
indennità, pensione, assegno, senza nemmeno visitare l’interessato.
Che cosa si può fare?
1. Inviare la documentazione di cui già si dispone all’INPS entro 15 giorni. E aspettare l’esito delle valutazioni.La documentazione che si suggerisce di inviare è:
a) i verbali di invalidità, handicap
(Legge 104/1992), disabilità ai fini lavorativi (Legge 68/1999) di cui
si è in possesso. È da tenere presente, infatti, che spesso l’INPS non
ne dispone.
b) Documentazione sanitaria in particolare se relativa alle patologie che risultano nei verbali di invalidità; è preferibile che siano certificati, relazioni, referti rilasciati da centri specialistici, meglio ancora se pubblici. Utili anche le relazioni eventualmente rilasciate da centri di riabilitazione.
c) Eventuali lettere di dimissioni da ricoveri ospedalieri recenti e non.
Le semplici relazioni del medico di famiglia non hanno, per l’INPS,
un grande “valore probatorio”, essendo considerate spesso “compiacenti”.b) Documentazione sanitaria in particolare se relativa alle patologie che risultano nei verbali di invalidità; è preferibile che siano certificati, relazioni, referti rilasciati da centri specialistici, meglio ancora se pubblici. Utili anche le relazioni eventualmente rilasciate da centri di riabilitazione.
c) Eventuali lettere di dimissioni da ricoveri ospedalieri recenti e non.
Se, in seguito alla valutazione di questa documentazione, l’INPS revoca la prestazione sulla base dei soli documenti presentati, si consiglia di avviare immediatamente il ricorso al giudice, presentando oltre alle motivazioni di merito, anche quelle di forma: non c’è stata valutazione diretta. Per il ricorso, che deve essere proposto entro 180 giorni dalla notifica, ci si deve rivolgere ad un legale, anche tramite un patronato sindacale.
Se l’INPS, invece, convoca a visita, ci si deve presentare alla convocazione o, in caso di grave rischio per la salute, richiedere la visita domiciliare con il supporto di una specifica certificazione del medico curante.
Durante la visita si può presentare ulteriore documentazione specialistica e ci si può far assistere – a proprie spese, da un medico di fiducia.
2. Acquisire documentazione sanitaria più recente da aggiungere a quella più di cui si è già in possesso e quindi spedire tutto all’INPS entro 15 giorni.
È una ipotesi che ha senso solo se si ha la possibilità di ottenere certificazioni specialistiche (meglio se pubbliche e se basate su test e/o analisi strumentali) entro pochi giorni.
Per la documentazione già in possesso, valgono le considerazioni espresse sopra.
Se, in seguito alla valutazione di questa documentazione, l’INPS revoca la prestazione solo su base documentale si consiglia di avviare immediatamente il ricorso al giudice, presentando oltre alle motivazioni di merito, anche quelle di forma: non c’è stata valutazione diretta. Per il ricorso, che deve essere proposto entro 180 giorni dalla notifica, ci si deve rivolgere ad un legale, anche tramite un patronato sindacale.
Se l’INPS, invece convoca a visita, ci si deve presentare alla convocazione o, in caso di grave rischio per la salute, richiedere la visita domiciliare con il supporto di una specifica certificazione del medico curante.
Durante la visita si può presentare ulteriore documentazione specialistica e ci si può far assistere – a proprie spese, da un medico di fiducia.
3. Ignorare la lettera dell’INPS e non inviare nulla.
Questo comporta, in automatico, la convocazione a visita, ma ha anche altri vantaggi.
a) si ha più tempo per ottenere ulteriori certificazioni specialistiche;
b) la valutazione non avviene solo sugli atti, ma anche con visita diretta sulla persona.
Inoltre, c’è un aspetto “civico”: si costringe l’INPS a effettuare i
controlli che gli sono stati affidati, con criteri diversi e di maggior
tutela, e non dettati dalla fretta di chiuderli entro fine anno.b) la valutazione non avviene solo sugli atti, ma anche con visita diretta sulla persona.
Non dimentichiamo, poi, che INPS, richiedendo la documentazione “che ha dato luogo a riconoscimento dell’invalidità” agli interessati, è al limite della liceità, poiché ai sensi della Legge 241/1990 non potrebbe chiedere nuovamente documentazione di cui la Pubblica Amministrazione è già in possesso.
Questa scelta ha senso se recuperare documentazione è complesso, oppure se non ci si fida – date le particolarità della propria disabilità – della valutazione sugli atti dei medici (precari) dell’INPS.
In ogni caso, il mancato invio della documentazione non comporta la sospensione o la revoca delle provvidenze economiche, ma solo la convocazione a visita in automatico.
Patologie gravi stabilizzate o ingravescenti
Una nota di approfondimento: a chi è affetto da una patologia grave, stabilizzata o ingravescente, che abbia già dato titolo all’indennità di accompagnamento o di comunicazione, è bene ricordare che il Decreto ministeriale 2 agosto 2007 (si veda sotto), prevede per ciascun gruppo di patologie la relativa documentazione sanitaria che le comprovi.Essere riconosciuti come appartenenti a queste categorie di patologie è importante perchè comporta l’esclusione da successive visite di controllo.
È però necessario disporre delle certificazioni previste dal Decreto citato e rilasciate da strutture specialistiche pubbliche, accreditate o convenzionate.
Non è pensabile ottenere quella documentazione, se già non se ne dispone, nei 15 giorni richiesti dall’INPS.
Ecco che, anche in questi casi, diventa più funzionale adottare la scelta di ignorare la lettera dell’INPS e prodigarsi invece per ottenere una documentazione, in questo caso, più mirata oltre che a vedersi confermare pensione e indennità, anche a non essere riconvocati nuovamente a visita.
23 luglio 2010
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